135. TRUMP ha ucciso la Privacy online. E ora?

Ciao Internet su Ciao Internet con Matteo Flora del 30.03.2017

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In questa Puntata

Il Senato e il Parlamento americano hanno approvato una normativa che consente ai provider di connettività di vendere i dati di navigazione degli utenti. Questa decisione ha suscitato polemiche tra gli attivisti per la privacy, che temono un controllo continuo e la fine della neutralità dei provider. La mossa potrebbe trasformare i fornitori di servizi in strumenti per la sorveglianza e il monitoraggio degli utenti da parte di enti governativi e detentori di copyright.
Recentemente, il Senato e il Parlamento degli Stati Uniti hanno approvato una normativa che permette ai provider di connettività di vendere la cronologia di navigazione degli utenti. Questo cambiamento elimina un vincolo imposto dall'amministrazione Obama, che proibiva tale pratica. In pratica, i provider possono ora monetizzare ulteriormente i dati degli utenti vendendoli a chi si occupa di pubblicità, creando profili dettagliati per messaggi pubblicitari personalizzati.

Gli attivisti per la privacy sono preoccupati per vari motivi. Innanzitutto, i contributi finanziari delle società di connettività ai senatori sono stati resi pubblici, evidenziando un possibile conflitto di interessi. Inoltre, un cittadino ha lanciato una campagna su GoFundMe per acquistare e pubblicare online la cronologia di navigazione dei senatori stessi, in segno di protesta.

Questa normativa introduce un nuovo livello di sorveglianza, poiché i dati di navigazione di tutti gli utenti con un abbonamento dati saranno disponibili per la vendita. Questo rappresenta una forma di intercettazione continua e collettiva senza precedenti. I provider, che in teoria dovrebbero essere solo "tubi" neutrali per il traffico dati, perdono la loro neutralità diventando attori attivi nel trattamento dei dati.

In futuro, è plausibile che agenzie governative come l'FBI possano richiedere ai provider di fornire dati su utenti specifici, ad esempio quelli che hanno cercato determinate parole chiave. Anche i detentori di copyright potrebbero sfruttare questa situazione per identificare e bloccare utenti che accedono a contenuti piratati. Questa evoluzione solleva interrogativi sulla privacy e sul ruolo dei provider come custodi dei dati degli utenti.