735. Perché il "Filtro al Porno" di Pillon è ridicolo e non funzionerà

Ciao Internet su Ciao Internet con Matteo Flora del 23.06.2020

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In questa Puntata

La proposta normativa del senatore Pilon mira a introdurre filtri obbligatori contro la pornografia nei contratti di comunicazione elettronica in Italia. Tuttavia, l'implementazione tecnica di tali filtri è complessa e facilmente aggirabile, rischiando di incentivare l'uso di strumenti come le VPN per eludere i controlli. La misura potrebbe dunque risultare inefficace e controproducente, complicando ulteriormente la gestione della privacy e della sicurezza online.
La proposta del senatore Pilon introduce un emendamento denominato "Sistemi di protezione dei minori dai rischi del cyberspazio", che prevede l'attivazione di filtri per bloccare contenuti inappropriati per i minori. Questi filtri, che dovrebbero essere gratuiti e disattivabili solo su richiesta, si basano su un approccio simile a quello tentato nel Regno Unito, dove però non ha avuto successo. L'idea è di applicare un filtro a livello DNS, che può funzionare solo in contesti limitati, come il blocco di interi domini.

La pornografia, però, presenta sfide uniche. I blocchi a livello di singolo contenuto richiedono tecniche avanzate come la Deep Packet Inspection, che sollevano seri problemi di privacy. L'uso di connessioni cifrate rende difficile per gli operatori identificare i contenuti da bloccare, e i filtri DNS non possono distinguere tra contenuti pornografici e non su piattaforme miste come Twitter.

Inoltre, l'implementazione di tali filtri potrebbe spingere gli utenti a cercare soluzioni alternative come le VPN, che permettono di aggirare i blocchi, complicando il lavoro delle forze dell'ordine. L'iniziativa di Pornhub di offrire una VPN gratuita ne è un esempio. Questo scenario potrebbe portare a un aumento dell'uso di strumenti di elusione, rendendo la normativa inefficace e controproducente.

Infine, la definizione di pornografia e le modalità di blocco sollevano questioni legali e pratiche. La possibilità di contestare la norma, ad esempio pubblicando contenuti legittimi su piattaforme pornografiche, evidenzia la difficoltà di applicare un divieto netto e chiaro. La proposta rischia di ottenere l'effetto opposto a quello desiderato, complicando ulteriormente la gestione della sicurezza e della privacy online.