738. StopHateForProfit: tutto quello che dovete sapere delle marche che abbandonano Facebook

Ciao Internet su Ciao Internet con Matteo Flora del 29.06.2020

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In questa Puntata

Le principali aziende globali, tra cui North Face, Coca-Cola, Unilever e Levi Strauss, hanno sospeso le loro campagne pubblicitarie su Facebook e Twitter a causa della proliferazione di discorsi di odio. La campagna "Stop Hate for Profit" mira a spingere queste piattaforme a moderare i contenuti polarizzanti, bloccando miliardi di dollari di advertising. La situazione evidenzia la crescente influenza del mercato pubblicitario sulle politiche delle piattaforme social e solleva interrogativi sulla libertà di espressione e sulla censura.
Negli ultimi anni, la relazione tra pubblicità online e discorsi di odio è diventata sempre più complessa. La campagna "Stop Hate for Profit" è un'iniziativa che cerca di affrontare questo problema, spingendo le grandi piattaforme come Facebook e Twitter a prendere provvedimenti contro la polarizzazione e l'odio online. L'obiettivo è chiaro: bloccare un budget pubblicitario di 70 miliardi di dollari per costringere le piattaforme a modificare le loro politiche.

Tra le aziende coinvolte ci sono giganti come Coca-Cola, Unilever e Verizon, che hanno deciso di sospendere le loro campagne pubblicitarie fino a quando non verranno adottate misure concrete. Unilever, ad esempio, ha dichiarato che continuare a fare pubblicità in un ambiente così polarizzato non offre alcun valore, specialmente con le elezioni negli Stati Uniti all'orizzonte.

La questione non è solo fermare l'odio, ma anche comprendere come le piattaforme possono gestire la comunicazione in un contesto così divisivo. La pubblicità generalista, quella che mira a raggiungere il pubblico più ampio possibile, è particolarmente vulnerabile agli attacchi online. Anche le pubblicità più innocue possono essere bersagliate da commenti violenti e polarizzati, rendendo inefficace qualsiasi campagna.

Un esempio di questo fenomeno è stato osservato su Twitter, dove una pubblicità di IBM con un dirigente di colore è stata sommersa da insulti razzisti. In un contesto simile, le aziende trovano sempre più difficile giustificare l'investimento in pubblicità generalista, preferendo invece strategie più mirate e targettizzate.

La campagna "Stop Hate for Profit" potrebbe avere successo, dato che un numero relativamente piccolo di grandi investitori controlla la maggior parte del budget pubblicitario. Questo potrebbe portare a un cambiamento significativo nelle politiche delle piattaforme, come già avvenuto in passato con YouTube, dove la pressione degli investitori ha portato a una maggiore regolamentazione dei contenuti.

Tuttavia, c'è il rischio che queste misure possano portare a una censura eccessiva, limitando la libertà di espressione e appiattendo il dibattito pubblico. La storia ci insegna che risposte rapide e basate su intelligenza artificiale possono avere conseguenze indesiderate, eliminando contenuti legittimi insieme a quelli problematici.

In definitiva, è necessario un dibattito più profondo e basato su valori, piuttosto che su minacce economiche. Solo così si potrà trovare un equilibrio tra la necessità di moderare i contenuti online e la protezione della libertà di espressione.