Caso ByoBlu: sono bufale? E' censura? #97

Ciao Internet su Ciao Internet con Matteo Flora del 30.01.2017

Copertina del video: Caso ByoBlu: sono bufale? E' censura? #97

In questa Puntata

Google ha bloccato l'accesso ad AdSense per circa duecento siti di disinformazione, tra cui BioBlu, per proteggere la propria reputazione e quella degli inserzionisti. Questa decisione, spesso criticata come censura, è in realtà una misura di tutela commerciale che non impedisce la libertà di espressione ma limita la possibilità di guadagno tramite pubblicità per chi diffonde informazioni pericolose o false.
Google ha recentemente deciso di escludere circa duecento siti dalla possibilità di guadagnare tramite AdSense, la sua piattaforma pubblicitaria, e tra questi figura anche BioBlu. Questa mossa ha suscitato molte critiche, con alcuni che gridano alla censura e ai "poteri forti". Tuttavia, è importante chiarire che la decisione di Google non è un attacco alla libertà di espressione. Google, in quanto azienda privata, ha il diritto di proteggere i propri interessi e quelli dei suoi inserzionisti, evitando di associare la propria immagine a contenuti discutibili o falsi.

BioBlu, ad esempio, è noto per promuovere teorie infondate come l'idea che l'AIDS non sia contagioso o che i vaccini siano dannosi. Queste affermazioni, oltre a essere false, possono avere conseguenze pericolose per la salute pubblica. Google, quindi, ha deciso di non permettere a tali siti di monetizzare tramite AdSense, non chiudendo i siti stessi né deindicizzandoli, ma semplicemente rimuovendo la possibilità di guadagnare attraverso la pubblicità.

La decisione di Google è una misura di tutela per sé stessa e per gli inserzionisti, che non vogliono vedere i loro marchi associati a contenuti di disinformazione. Ad esempio, un brand come Calvin Klein non desidera che i propri annunci appaiano su siti che diffondono bufale, poiché ciò potrebbe danneggiare la sua reputazione. Google, vendendo spazi pubblicitari, deve garantire un ambiente sicuro e affidabile per i suoi clienti.

In sintesi, l'azione di Google non rappresenta una censura, bensì una scelta commerciale legittima per proteggere il proprio business e quello dei suoi inserzionisti. Chiunque voglia continuare a esprimere le proprie opinioni può farlo, ma senza il supporto economico della pubblicità di Google, che ha tutto il diritto di scegliere con chi collaborare.