Google ha recentemente deciso di escludere circa duecento siti dalla possibilità di guadagnare tramite AdSense, la sua piattaforma pubblicitaria, e tra questi figura anche BioBlu. Questa mossa ha suscitato molte critiche, con alcuni che gridano alla censura e ai "poteri forti". Tuttavia, è importante chiarire che la decisione di Google non è un attacco alla libertà di espressione. Google, in quanto azienda privata, ha il diritto di proteggere i propri interessi e quelli dei suoi inserzionisti, evitando di associare la propria immagine a contenuti discutibili o falsi.
BioBlu, ad esempio, è noto per promuovere teorie infondate come l'idea che l'AIDS non sia contagioso o che i vaccini siano dannosi. Queste affermazioni, oltre a essere false, possono avere conseguenze pericolose per la salute pubblica. Google, quindi, ha deciso di non permettere a tali siti di monetizzare tramite AdSense, non chiudendo i siti stessi né deindicizzandoli, ma semplicemente rimuovendo la possibilità di guadagnare attraverso la pubblicità.
La decisione di Google è una misura di tutela per sé stessa e per gli inserzionisti, che non vogliono vedere i loro marchi associati a contenuti di disinformazione. Ad esempio, un brand come Calvin Klein non desidera che i propri annunci appaiano su siti che diffondono bufale, poiché ciò potrebbe danneggiare la sua reputazione. Google, vendendo spazi pubblicitari, deve garantire un ambiente sicuro e affidabile per i suoi clienti.
In sintesi, l'azione di Google non rappresenta una censura, bensì una scelta commerciale legittima per proteggere il proprio business e quello dei suoi inserzionisti. Chiunque voglia continuare a esprimere le proprie opinioni può farlo, ma senza il supporto economico della pubblicità di Google, che ha tutto il diritto di scegliere con chi collaborare.

In questa Puntata
Google ha bloccato l'accesso ad AdSense per circa duecento siti di disinformazione, tra cui BioBlu, per proteggere la propria reputazione e quella degli inserzionisti. Questa decisione, spesso criticata come censura, è in realtà una misura di tutela commerciale che non impedisce la libertà di espressione ma limita la possibilità di guadagno tramite pubblicità per chi diffonde informazioni pericolose o false.