LINKEDIN E I TUOI DATI: 3 Novembre i tuoi dati finiscono nella AI se non agisci ORA #1464

Ciao Internet su Ciao Internet con Matteo Flora del 22.09.2025

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In questa Puntata

LinkedIn sta per utilizzare i profili degli utenti per addestrare la sua intelligenza artificiale, imponendo un consenso implicito che richiede un'azione manuale per essere revocato. Questa pratica solleva questioni significative sulla privacy e sul legittimo interesse, sfidando le normative europee come il GDPR e sottolineando l'importanza di un consenso esplicito e informato.
LinkedIn ha annunciato un cambiamento significativo nella sua privacy policy, previsto per il 3 novembre 2025, che prevede l'utilizzo dei dati degli utenti per addestrare i suoi modelli di intelligenza artificiale. Questo cambiamento avverrà di default, il che significa che se gli utenti non fanno nulla, i loro dati verranno automaticamente utilizzati. Per opporsi, gli utenti devono manualmente modificare le impostazioni della privacy, un processo che, sebbene semplice, nasconde una questione più ampia di privacy e potere.

La scelta di LinkedIn di adottare un modello di opt-out, piuttosto che un opt-in, contrasta con le linee guida del GDPR che promuovono un consenso informato ed esplicito. LinkedIn si appella al legittimo interesse per giustificare questa pratica, ma questo approccio solleva interrogativi sulla sua validità, simili a quelli affrontati da Meta in una class-action guidata dall'attivista Max Schrems.

La questione centrale è se l'addestramento dell'intelligenza artificiale possa essere considerato un interesse legittimo per un social network professionale o se richieda un consenso separato. Questa situazione evidenzia una strategia comune nelle scienze comportamentali, nota come status quo bias, dove le piattaforme sfruttano l'inerzia degli utenti per raccogliere dati senza consenso esplicito.

Il dibattito attorno a queste pratiche è cruciale per il futuro della regolamentazione tecnologica, poiché le grandi aziende tech testano i limiti delle normative come il GDPR. Questo scenario crea una società digitale a due velocità, con una minoranza consapevole e una maggioranza che inconsapevolmente alimenta i monopoli tecnologici. La lezione fondamentale è che il silenzio degli utenti rappresenta un asset economico per le aziende, evidenziando l'importanza di un'azione consapevole per proteggere la propria privacy.