DEAD INTERNET: il Web è morto e i contenuti umani sono minoranza... #1476

Ciao Internet su Ciao Internet con Matteo Flora del 22.10.2025

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In questa Puntata

La teoria della "dead internet" suggerisce che gran parte del web sia ormai dominata da bot e contenuti generati automaticamente, superando quelli creati da esseri umani. Uno studio recente evidenzia come, dal 2024, i contenuti generati da intelligenze artificiali abbiano sorpassato quelli umani, sollevando preoccupazioni su inquinamento informativo, disinformazione e il futuro della creatività e autenticità online.
La teoria della "dead internet" sostiene che gran parte del web sia ormai popolata da bot e contenuti generati automaticamente, dando l'illusione di un web ancora vivo mentre in realtà si tratta di uno "zombie". Questa sensazione di stranezza e ripetitività del web è ora supportata da dati concreti: uno studio di Graphite, che ha analizzato 65.000 articoli da Common Crawl, rivela che dal 2024 i contenuti generati da intelligenze artificiali hanno superato quelli scritti da esseri umani. Questo cambiamento è stato accelerato dal lancio di ChatGPT nel 2022, che ha portato i contenuti generati dall'AI a quasi il 40% del totale in soli 12 mesi.

Il motivo di questa crescita è puramente economico: costa meno far scrivere a una macchina piuttosto che a un essere umano. I ricercatori hanno utilizzato un sistema di rilevamento con un tasso di falsi positivi del 4,2% e falsi negativi dello 0,6%, dimostrando l'affidabilità dei risultati. Tuttavia, la crescita si è stabilizzata da maggio 2024, poiché i contenuti generati dall'AI performano male sui motori di ricerca come Google, che non gradisce la bassa qualità.

Questo fenomeno ha portato a un "content collapse", un aumento della quantità di contenuti a scapito del loro valore medio. Inoltre, il "model collapse" o "apocalisse semantica" minaccia la qualità dei modelli AI che imparano da contenuti generati da altre AI, creando un loop di mediocrità. Dal punto di vista della sicurezza, l'inquinamento informativo facilita la disinformazione e le truffe online.

Economicamente, il valore della scrittura si sposta dalla produzione alla validazione del contenuto, rendendo premium l'editing e il fact-checking. La fiducia nei testi diminuisce, spingendo gli utenti a cercare fonti consolidate, ma anche a cadere nel bias di conferma. La regolamentazione del fenomeno avviene a livello di piattaforme, con Google che penalizza i contenuti di bassa qualità.

Il digital divide non è più solo sull'accesso a Internet, ma sull'accesso a informazioni di qualità. Professioni come il copywriting e il giornalismo devono evolversi, concentrandosi sull'interrogare l'AI e verificare gli input. La sfida è culturale ed educativa, promuovendo un'alfabetizzazione critica ai media e premiando l'autenticità.

La battaglia non è tra uomo e AI, ma tra segnale e rumore, spingendoci a cercare prospettiva, esperienza ed emozioni nei contenuti. Il contenuto di valore non sparisce, ma diventa più difficile da trovare. L'economia premia la mediocrità e l'emotività esasperata, ma la sfida è riconoscere e valorizzare la qualità.

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