FASCISTELLA: la chat della vergogna e la bufera sull'influencer-attivismo... #1485

Ciao Internet su Ciao Internet con Matteo Flora del 03.11.2025

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In questa Puntata

Figure di spicco dell'attivismo italiano sono coinvolte in un'indagine per stalking e diffamazione, rivelando una discrepanza tra la loro immagine pubblica e i comportamenti privati. La vicenda solleva questioni sulla coerenza morale, l'uso del linguaggio come arma e l'impatto delle piattaforme digitali nella gestione delle crisi reputazionali.
Nel mondo dell'attivismo, alcune figure di rilievo sono al centro di un'indagine condotta dalla procura di Monza per stalking e diffamazione. L'accusa è quella di aver orchestrato un'agonia digitale contro due persone, tra cui l'ex di un'amica che ha tentato il suicidio. Il caso è esploso dopo che Selvaggia Lucarelli ha pubblicato su Il Fatto Quotidiano estratti di una chat privata di queste attiviste, rivelando una netta discrepanza tra la loro immagine pubblica e i discorsi privati. Nella chat, i membri del gruppo utilizzano un linguaggio violento e offensivo contro diverse figure pubbliche, evidenziando un comportamento che contraddice i principi di non violenza e garantismo che professano pubblicamente.

Questo episodio mette in luce il fenomeno del moral licensing, in cui le persone si sentono autorizzate a comportarsi in modo immorale in privato, in virtù delle azioni virtuose compiute in pubblico. Il problema non è solo la mancanza di coerenza, ma l'uso di strumenti di lotta politica per vendette personali, trasformando l'attivismo in bullismo organizzato. Viene anche affrontato il concetto di purity spiral, una ricerca ossessiva di coerenza morale che può portare a posizioni estreme e aggressive verso chiunque non sia perfettamente allineato.

La pubblicazione delle chat private solleva un dilemma tra il diritto alla privacy e il diritto di cronaca, specialmente quando le azioni private contraddicono la figura pubblica. Questo caso rappresenta un regalo per chi vuole delegittimare l'intero movimento femminista, utilizzando il comportamento di pochi per generalizzare su tutti. La vicenda invita a riflettere sulla necessità di regolamentare alcuni comportamenti online e a interrogarsi su quando la critica si trasformi in persecuzione digitale.

Infine, si discute del concetto di personal branding basato sull'autorità morale e della fragilità della reputazione pubblica. Quando la reputazione crolla, non è solo la persona a essere colpita, ma l'intera comunità che aveva riposto fiducia in quei valori. Le piattaforme digitali, progettate per massimizzare l'engagement, sono strumenti perfetti per campagne di odio coordinate, un problema che la tech policy non ha ancora risolto. Si conclude con una riflessione sull'importanza di separare il messaggio dal messaggero e di non affidare a una singola persona il proprio concetto di realtà assoluta.