Ciao Internet, oggi voglio condividere con voi una riflessione su come gli algoritmi possano influenzare le nostre vite, a volte in modi che non avremmo mai immaginato. Vi racconto una storia che ha come protagonista Target, il famoso rivenditore americano, e un padre arrabbiato che si presenta al negozio furioso perché sua figlia minorenne ha ricevuto a casa prodotti per neomamme. Naturalmente, Target si è subito scusato, cercando di capire cosa fosse andato storto. La realtà è che un algoritmo, analizzando gli acquisti della ragazza tramite la sua tessera punti, ha previsto che fosse incinta e ha agito di conseguenza.
La vicenda prende una piega inaspettata quando il padre, dopo aver inizialmente protestato, torna per scusarsi: l'algoritmo aveva ragione, sua figlia era effettivamente incinta, ma non lo aveva detto a nessuno. Questo episodio solleva importanti interrogativi su come le macchine possano talvolta conoscerci meglio dei nostri stessi familiari, e su come possano generare situazioni di imbarazzo o dolore involontario.
Ma la storia non finisce qui. Ho incontrato diversi casi simili, come quello di una neomamma che ha perso il bambino ma continua a ricevere annunci di prodotti per neonati. Ogni notifica è un colpo al cuore, e nonostante i tentativi di bloccare questi contenuti, ne appaiono sempre di nuovi. Gli algoritmi non considerano il contesto emotivo, e questo può portare a una sofferenza gratuita che considero inaccettabile.
Parlando con un'amica, ho scoperto che anche altre profilazioni possono essere problematiche. Per esempio, donne tra i 30 e i 40 anni che non hanno figli ricevono pubblicità di congelamento di ovuli o inseminazione artificiale, insinuando che ci sia qualcosa che non va. Queste situazioni possono essere particolarmente dolorose per chi ha scelto di non avere figli o, peggio, per chi non può averne.
Questi esempi mettono in luce un problema cruciale dei social network: l'impossibilità di uscire dalle bolle di profilazione. È troppo facile per le aziende targettizzarci in base a dati superficiali, senza considerare l'impatto emotivo delle loro azioni. Io credo fermamente che uno dei diritti fondamentali dell'essere umano sia quello di non soffrire inutilmente. Dobbiamo trovare un modo per evitare che le bolle ci classifichino in modi che ci fanno male.
Forse questa è solo una mia fantasia da sognatore, ma mi piacerebbe sapere cosa ne pensate voi. Esiste davvero un diritto a non soffrire? Raccontatemelo nei commenti. Io sono Matteo Flora, vi faccio compagnia cinque giorni alla settimana, e se non siete ancora iscritti al podcast, forse è il momento di farlo. Grazie per avermi ascoltato e come sempre, vi ringrazio per la vostra attenzione.

I contenuti dell'Episodio #472
In questo episodio di "Ciao Internet", esploro il delicato tema della profilazione algoritmica e le sue implicazioni sulla nostra vita quotidiana. Racconto una storia emblematica che coinvolge Target, un noto rivenditore statunitense, e come un algoritmo abbia svelato una gravidanza prima che la stessa famiglia ne fosse a conoscenza. Discutiamo insieme di come gli algoritmi possano penetrare nelle nostre vite in modi inaspettati e talvolta dolorosi, mettendo in discussione il diritto fondamentale di non soffrire.