Oggi parliamo di una campagna di PETA che ha sollevato un interessante dibattito sul linguaggio e la sua influenza sul nostro subconscio. PETA, nota organizzazione antispecista, ha avviato una campagna per eliminare modi di dire che implicano violenza sugli animali, come "bringing home the bacon" o "prendere due piccioni con una fava". Sebbene l'intento sia meritorio, la scelta di focalizzarsi su questi aspetti linguistici può risultare poco efficace dal punto di vista strategico.
Viviamo in un'epoca caratterizzata da forti polarizzazioni, dove le credenze tendono a radicarsi in bolle sociali. Il rischio di un approccio frontale è quello di innescare il "backfire effect", un fenomeno psicologico dove le persone, anziché cambiare idea, rafforzano le loro convinzioni esistenti. Questo effetto può essere particolarmente dannoso per cause come il veganismo o il femminismo, che già affrontano una certa resistenza sociale.
Una comunicazione più pragmatica potrebbe concentrarsi su campagne che mostrano le realtà degli allevamenti intensivi, piuttosto che su questioni linguistiche. Queste immagini hanno un impatto emotivo più diretto e possono essere più efficaci nel sensibilizzare il pubblico. L'obiettivo dovrebbe essere quello di evitare di sembrare "social justice warriors" e piuttosto di promuovere un cambiamento attraverso la coerenza e la gentilezza.
In definitiva, la sfida è trovare un equilibrio tra l'essere attivisti zelanti e il comunicare in modo che il messaggio possa essere accolto da un pubblico più ampio. Potrebbe essere utile sviluppare un manuale di propaganda per il terzo settore, per aiutare le organizzazioni a navigare queste complessità comunicative.

In questa Puntata
La campagna di PETA mira a modificare i modi di dire che implicano violenza sugli animali, ma rischia di alienare potenziali alleati. In un contesto di forti polarizzazioni sociali, strategie comunicative più pragmatiche potrebbero essere necessarie per evitare l'effetto "backfire" e promuovere efficacemente il messaggio antispecista.