528. Dati Mestruali: davvero le APP li vendono ai capi? Non proprio…

Ciao Internet su Ciao Internet con Matteo Flora del 02.05.2019

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In questa Puntata

Le applicazioni che tracciano il ciclo mestruale femminile vendono i dati degli utenti a broker di terze parti, rendendoli appetibili per il marketing, piuttosto che per discriminazioni sul lavoro. La profilazione dei dati, sebbene pseudo-anonima, è collegata a identità specifiche, rendendo cruciale la verifica delle privacy policy per prevenire l'uso improprio delle informazioni personali.
Negli ultimi giorni si è diffusa una notizia riguardante le applicazioni che tracciano il ciclo mestruale femminile. Molte di queste app vendono i dati raccolti, e alcune associazioni per i diritti femminili hanno espresso preoccupazione che tali dati possano essere usati dai datori di lavoro per discriminare le dipendenti. Tuttavia, analizzando la situazione, appare improbabile che le aziende acquistino questi dati per tale scopo a causa dei rischi legali e delle potenziali cause milionarie che deriverebbero dall'uso non autorizzato di dati personali.

In realtà, i dati raccolti dalle app sono in vendita a broker di terze parti che li utilizzano principalmente per scopi di marketing. Questi dati, sebbene pseudo-anonimi, sono spesso collegati a un account, un'email o un'identità, rendendoli estremamente appetibili per campagne di marketing mirate. Il momento dell'arrivo di un figlio, ad esempio, è un evento che comporta grandi cambiamenti e spese per i genitori, e rappresenta un'opportunità per i brand di fidelizzare nuovi clienti attraverso promozioni mirate.

I broker raccolgono dati da diverse app per creare un database ampio e dettagliato, che permette loro di ottenere informazioni rilevanti su una vasta parte dei consumatori. Questo processo avviene spesso perché molte app non hanno abbastanza utenti per rendere i loro dati appetibili singolarmente, quindi vendono i dati come forma di monetizzazione.

Per prevenire l'uso improprio dei dati personali, è fondamentale leggere attentamente le privacy policy delle app che si scaricano. Molte di queste app dichiarano esplicitamente che i dati verranno venduti, e spesso è l'unica fonte di profitto per le app gratuite. Pertanto, se non si paga per un'applicazione, è probabile che si stia pagando in altro modo, spesso attraverso la cessione dei propri dati a broker.

Nonostante lo scenario di discriminazione sul lavoro sembri improbabile, è importante mantenere alta la guardia e continuare a monitorare come i dati personali vengono utilizzati e venduti. La consapevolezza e la verifica delle privacy policy sono strumenti fondamentali per proteggere la propria privacy.