Nel corso di questo episodio, ho esplorato la complessità della comunicazione politica di Matteo Salvini, mettendo in evidenza come le sue affermazioni, apparentemente contraddittorie, siano in realtà parte di una strategia ben congegnata. Salvini, similmente a Donald Trump, fa leva su un pubblico con una memoria limitata e una forte propensione emotiva, che non si sofferma sui dettagli ma è attratto da messaggi semplici e diretti.
Ho analizzato come Salvini utilizzi un metodo in tre fasi per comunicare: prima identifica un problema percepito, spesso espresso con toni fortemente emotivi; poi individua un colpevole, che può essere un'entità o una persona, da additare come responsabile; infine propone soluzioni generiche e facilmente comprensibili, che non richiedono un'analisi approfondita da parte del pubblico.
Questa tecnica, che ho confrontato con il "Trump Speak" descritto da Alexandra Homolardi e Ronny Scholz, si basa sulla capacità di suscitare emozioni forti e di creare un legame narrativo con l'audience. Le emozioni attivate, come rabbia o indignazione, sono potenti strumenti di memorabilità e fidelizzazione.
Ho sottolineato come questa strategia non sia affatto ingenua o frutto di incompetenza, ma al contrario, dimostri una profonda comprensione della psicologia delle masse e delle dinamiche comunicative. Salvini riesce così a mantenere alta l'attenzione su di sé e a consolidare il proprio seguito, nonostante le apparenti incoerenze.

In questa Puntata
Matteo Salvini utilizza una strategia comunicativa che sfrutta la memoria breve del pubblico e la manipolazione emotiva, simile a quella di Donald Trump. Tale approccio, basato su tre fasi di identificazione del problema, individuazione di un colpevole e offerta di soluzioni generiche, si rivela efficace nel coinvolgere e fidelizzare l'audience, nonostante la sua apparente incoerenza.